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Terremoto perchè

TERREMOTO, PERCHE’ NON POSSIAMO DIRCI SFORTUNATI

Abbiamo ancora negli occhi la tragedia avvenuta da pochi giorni in Abruzzo. La città dell’Aquila e i paesi della provincia sotto un cumulo di macerie, case e palazzi polverizzati, la gente disperata e smarrita. E poi i morti, troppi morti. Giovani, soprattutto.


La Casa dello studente è il simbolo dell’incubo da cui gli abruzzesicercano di svegliarsi. Intanto la terra continua a tremare. Non c’è, però, solo la paura a far compagnia ai terremotati. La cronaca televisiva e giornalistica ci ha mostrato, da subito, persone che pretendevano, alcune con rabbia ed altre con più equilibrio, che venisse fatta piena luce sulle ragioni vere del disastro, lasciando da parte i facili richiami alla fatalità, alla ineluttabilità dei terremoti. In sostanza quelle persone chiedevano e chiedono perché la loro incolumità, la loro sicurezza, la loro salute, non sono state adeguatamente tutelate. Perché, in piena zona sismica, le case e gli edifici pubblici sono stati costruiti o strutturati con tecniche e materiali non idonei e non a norma. Perché i controlli sulla sicurezza del patrimonio edilizio si sono rivelati carenti o assenti. La magistratura ha già avviato delle indagini e, naturalmente, ci vorrà del tempo per giungere a dei risultati. A noi restano, però, bene impresse le parole di un medico abruzzese del 118 che in un’intervista, dopo aver espresso tutta la sua sofferenza per non essere riuscito a salvare il proprio figlio, reclamava l’attribuzione di precise responsabilità a fronte di specifiche inadempienze. Ed il punto è proprio qui. In Italia non esiste una profonda cultura della responsabilità, caso mai quella dell’irresponsabilità, finanche in quei settori del vivere sociale che toccano molto da vicino la sicurezza e la salute dei cittadini. Non esiste, di conseguenza, o è relegata ad una parte minoritaria del Paese, una cultura del rispetto delle regole degna di una Nazione civile. Ad ogni emergenza ci ripromettiamo che questa o quella tragedia non si ripeterà più. Ma una volta spenti i riflettori le promesse finiscono nel dimenticatoio, le regole continuano a valere per gli altri e non per noi, e cambiamenti non se ne vedono. E alla successiva calamità si invoca la sfortuna, il destino e simili. Un maledetto circolo vizioso, dal quale usciremo solo facendo crescere una diffusa coscienza civica, che ci faccia sentire parte di un’unica comunità, non più divisa tra furbi e fessi, ma tesa veramente al conseguimento del bene comune. Senza se e senza ma. Ci guadagneremo in salute. E in vite umane..

Scritto da Roiodelsangro.com| Articolo postato il 30-04-2009

   

Commenti:
E’ con grande sconforto che sfoglio le rubriche di questo sito; salvo qualche intervento dei “soliti noti” (me compreso) non trovo alcun segno di interesse, partecipazione, intervento, dissenso. Mi auguro che ci siano, di fronte ai computer, centinaia di paesani che leggono, formulano i loro pensieri ed attendono. Con questa speranza espongo, ancora su questo sito, i miei pensieri e le mie semplici riflessioni. Lo spirito che mi anima nasce dalla certezza che in democrazia non si combatte l’uomo ma le sue idee, le sue azioni, il suo disimpegno. Il mio indirizzo e-mail è: pumasrl@yahoo.it. “E alla successiva calamità si invoca la sfortuna, il destino e simili. Un maledetto circolo vizioso, dal quale usciremo solo facendo crescere una diffusa coscienza civica, che ci faccia sentire parte di un’unica comunità, non più divisa tra furbi e fessi, ma tesa veramente al conseguimento del bene comune”. Sono tremende e dolorose queste proposizioni e si intuisce una grande sensibilità in chi l’ha scritte; sensibilità sociale, civile, della prevenzione, del rispetto e della sofferenza. A lungo ho meditato su tutto ciò ed ho posto a me stesso dei quesiti a cui non so dare risposte ma che potrebbero averle se le riflessioni fossero comuni. Mi chiedo e vi chiedo: come si esce da quel circolo vizioso e far crescere la coscienza civile? Mi chiedo e vi chiedo: che poteri ho/abbiamo a livello regionale per contrastare i furbetti del quartiere? Oppure posso/possiamo osteggiare e combattere concretamente le cultura della truffa allo Stato nel mio/nostro territorio? E come? Non cambia niente: nei nostri paesi, a L’Aquila, in Sicilia, in Campania, nelle Puglie, in tutta Italia. Ci sono i furbi ed i fessi. La lotta per crescere e avere una “diffusa coscienza civica” inizia, secondo me, da un nuovo e direttamente partecipato impegno politico delle persone perbene; inizia nei nostri piccoli paesi, per liberarli dal mortale abbraccio dei saprofiti che se ne sono impossessati. La lotta per sentirci parte di un’unica comunità inizia denunciando i cartelli (coalizione di imprese costituita al fine di eliminare o limitare volontariamente la reciproca concorrenza). Se chiamiamo un muratore per lavori da fare a casa nostra e lui ci deruba sui prezzi e sul materiale, cosa facciamo? Lasciamo perdere o no? Perché se rubano allo Stato (ovvero a noi comunità civile) stiamo zitti, non facciamo valere i nostri diritti? Il cartello tra imprenditori è proibito dalla Legge: impedisce la libera concorrenza e fa levitare i prezzi perché preventivamente concordati tra i partecipanti all’appalto. Anche a L’Aquila è avvenuto questo!!! Perché lasciamo perdere se nostri territori immensi vengono sfruttati senza che i relativi proprietari ne traggono un minimo vantaggio? Perché lasciamo perdere se foreste antiche e lussureggianti vengono “pelate”? Innescando inevitabilmente il detonatore di tragedie idrogeologiche che pagheremo molto caramente e pagheremo sempre agli stessi furbetti che provvederanno, a nostre spese, alla ricostruzione di strade, argini, case, ecc:. Perché lasciamo perdere se nostri fiumi incontaminati (ad esempio il nostro ex limpidissimo Turcano) vengono sistematicamente inquinati da liquami animali, nauseabondi e malsani (a proposito della febbre suina…)? Perché lasciamo perdere e permettiamo la costruzione di una strada, parallela ad un’altra, per andare allo stesso posto? Motivo? Non si vuole rendere pubblica una strada pubblica!!! Perché lasciamo perdere quel moncone senza senso di asfalto che doveva collegare Roio a Villa, via Vigne. Quant’è costato? Chi s’è aggiudicato l’appalto? Perché è già chiuso il cantiere se la strada non è stata ultimata? Come è stato fatto l’appalto? Per quanti metri è stata finanziata? A cosa o a chi è servito asfaltare un pezzettino di strada? Ma sapete quante volte è stata appaltata quella strada per Villa nel corso degli ultimi 50 anni? I soldi sono nostri, la strada è nostra, il territorio è nostro e tutti noi ce ne disinteressiamo totalmente. I politici (sic!!!) ed amministratori della zona che dovrebbero vigilare, motivare o denunciare, sono compulsivamente impegnati a cambiare continuamente casacca con la speranza di essere eletti, con qualsiasi partito, ma essere eletti. Ne va di mezzo il loro sostentamento… E voi pensate che vigilino, o che motivino o addirittura che denuncino? E noi, tanto per premiarli della loro palese inefficienza, continuiamo a votarli!!! Allora, cari amici, dove e come vogliamo combattere per creare una comunità protesa veramente al conseguimento del bene comune? Facciamo una bella fiaccolata contro tutte le mafie? Oppure organizziamo una bella porchettata di cinghiale per manifestare contro qualsiasi cosa? O forse credete che chi ha lottato (subendo anche minacce) contro i bracconieri che infestano come una metastasi il nostro territorio, l’ha fatto per antipatie personali o perché ama pettinare le bambole? O forse (spero che vi sorga il dubbio), l’ha fatto per combattere l’arroganza di chi, esponendo i suoi trofei di carne, ossa, pelo e sangue, sui cofani delle auto distrugge pervicacemente e in mala fede, nella popolazione residente e non, le flebili tracce della certezza del diritto che è la radice di ogni civiltà? Il segnale lanciato da questi delinquenti era ed è:”avete capito chi comanda qui?” E che dire di quella complice e moralmente immonda tolleranza ampiamente praticata verso questi individui: ma sì, dai, è tanto per divertirsi un pò che si fa bracconaggio!!! Ancor più oltraggiosa è la frase/scudo: ma che volete? Noi qui ci viviamo!!! Oddio, ma quando ve ne andrete? I ma ed i se fioriscono in abbondanza nel letamaio delle nostre giustificazioni, delle nostre sottomissioni, delle nostre tolleranze, dei nostri “vengo in paese per qualche giorno all’anno e non voglio problemi”. La lotta, miei cari, DEVE essere dura, perché se e quando toccherà a noi subire l’ingiuria della terra che trema, sappiate ci sarà gente che se ne fregherà di noi e penserà solo al come e al dove fare soldi: e questa gente è fra noi, è in mezzo a noi. Aiutiamoci!!! Diamo loro dei forti e potenti “calci nei coglioni” (è una metafora!!!); azzeriamo il loro potere che nasce dalla cultura degli “amici degli amici”. Riconquistiamo il territorio in tutti i sensi e spero tanto che le nostre donne abbiano la forza e la volontà di lottare insieme a noi. Ci guadagneremo, sì, in salute e in vite umane perché noi abbiamo la cultura della vita che si contrappone e lotta contro la cultura dell’appalto. Rendiamo veramente sicuri, vivibili, produttivi ed onesti i nostri paesi. Onoreremo così, da persone perbene e senza ipocrisie, quelle vittime innocenti, morte non per colpa del terremoto, ma perché bestie assetate di soldi si erano (si sono?) impossessate dei loro territori, delle loro case, delle loro strade, delle loro vite. La nostra azione civile e politica dovrebbe avere un nome; io la chiamerei TILAK: in India il tilak è un punto rosso che ti mettono sulla fronte tra gli occhi, per simbolizzare il terzo occhio, quello che permette di vedere la realtà al di là delle apparenze.
Inserito da Mimmo Galluppi

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