lunedì, Novembre 11, 2024
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COMMODORE 64

Negli anni ottanta avevo in spalla l’inseparabile zaino Invicta, indossavo il Monclair e le Timberland e in TV guardavo “I ragazzi della terza C” e “McGyver”. Né io né i miei coetanei, allora adolescenti, eravamo consapevoli di vivere l’ultima vera decade analogica, libera dall’inquinamento digitale che avrebbe rivoluzionato il “modo di crescere” dei ragazzi di oggi. Proprio come il protagonista di McGyver, Richard Dean Anderson,

capace di costruire una bomba con pezzi di fortuna trovati in un ripostiglio, in quegli anni usavamo solamente mani e cervello.Si passavano le ore a costruire oggetti sempre nuovi con vecchi giochi come Lego e Meccano; si usava la fantasia con igiochi di ruolo alla Dungeon & Dragons; si scendeva in strada, sotto casa, alla ricerca di dribbling, tunnel e tiri al volo dopo aver visto in religioso silenzio l’ultimo episodio del cartone animato Holly e Benji, oppure dopo una partita infinita a Subbuteo. Di computer neanche l’ombra, o quasi. C’era il leggendario Commodore 64, è vero, ma era poco più di una sala giochi casalinga. E anche quì bisognava usare molta fantasia: videogames come Arkanoid o Space Invader sibasavano su una grafica rudimentale. Solo un grande sforzomentale permetteva di immaginarsi nello spazio, tra le stelle, a dare la caccia agli alieni. Oggi è tutto molto più comodo e scontato. Negli anni Ottanta sognavo di spostare gli oggetti con la mente come i Jedi di Star Wars, oggi basta un joystick per maneggiare la spada laser come Luke Skywalker. O per inseguire banditi e affrontare sparatorie in Miami Vice (videogame per Playstation portatile). Di “questi anni Ottanta”, coma cantava Raf, resteranno insomma la magia del sogno e la forza dell’immaginazione. Io passavo le ore al telefono a gettoni vicino casa, fantasticando su cosa stesse facendo la ragazza all’altro capo del filo. Oggi basta un videofonino, oppure una webcam, e il mistero è subito svelato. Quando leggevo di un concerto straordinario tenuto dagli U2 chissà dove, in America, chiudevo gli occhi e “vedevo” Bono agitarsi sul palco. Quell’immagine autoprodotto restava lì, in un angolo della mia mente, fino a quando il gruppo non arrivava in Italia. Oggi i concerti finiscono su YouTube già il giorno dopo. I ragazzi conoscono le scalette, i bis, i colpi di scena degli show prima ancora di arrivare ai “cancelli”. E le compilation su cassetta ve le ricordate? Con i titoli scritti a mano, le etichette la incollare, le dediche lasciate nella custodia, lo sguardo innammorato al momento della “consegna” …Oggi il massimo del romanticismo (digitale) è: “Ti passo un Mp3 col Bluotooth”, Cari ragazzi, cosa vi siete persi.

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